beveridge

Nel preparare l’intervento per il seminario in programma a Venezia il prossimo 20 febbraio, ho ripreso in mano il testo indirizzato al governo britannico da William Beveridge (che era un liberale progressista e non un pericoloso bolscevico), che accompagnò le proposte di riforma del sistema di protezione sociale.

Qui, tra le varie  considerazioni e dichiarazioni di principio ce ne sono alcune di ordine generale che, fatti i debiti distinguo riguardo il contesto temporale (ma già sostituire “guerra” con “crisi” aiuta) e geografico, rappresentano, forse, una lezione di metodo anche per l’oggi e anche per certe latitudini – le nostre – dove la cultura riformistica, tanto nel campo moderato come pure in ampi settori della sinistra, ha tradizionalmente avuto peso assai modesto e, quel che è ancor peggio, esiti il più delle volte deludenti.

Ecco il passo:

Ogni nuova proposta per l’avvenire – scriveva Beveridge (era il 1942) – pur approfittando dell’esperienza acquisita in passato non deve essere limitata da quelle considerazioni di categoria di dettaglio consolidatesi nell’ottenere tale esperienza. E’ proprio adesso, con la guerra che tende ad eliminare ogni genere di limitazioni e di differenze, che si presenta meglio l’occasione di usare l’esperienza acquisita, in un campo fatto libero. Un periodo rivoluzionario nella storia del mondo è il momento più opportuno per fare cambiamenti radicali invece di semplici rattoppi.

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