Ieri sera, quando Enrico ci ha accompagnati su alla diga c’era la luna piena e il cielo era sereno. Sotto quella luce irreale abbiamo costeggiato una interminabile fila di fazzoletti colorati, tanti, troppi, uno in ricordo di bambino morto in quel giorno, e siamo arrivati davanti alla chiesetta. Tutto intorno silenzio, mentre davanti a noi comparivano spettrali, il muro di cemento e, poco più in là, una gigantesca M, incisa nel nero della montagna a mostrare le ossa biancheggianti del Toc, spellato vivo dalla frana. Abbiamo guardato l’orologio: era praticamente la stessa ora di quel 9 ottobre. Quando uno li vede con i propri occhi, certi luoghi della storia fanno lo stesso effetto di un pugno nello stomaco.

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