La notte dell’onda

Ieri sera, quando Enrico ci ha accompagnati su alla diga c’era la luna piena e il cielo era sereno. Sotto quella luce irreale abbiamo costeggiato una interminabile fila di fazzoletti colorati, tanti, troppi, uno in ricordo di bambino morto in quel giorno, e siamo arrivati davanti alla chiesetta. Tutto intorno silenzio, mentre davanti a noi comparivano spettrali, il muro di cemento e, poco più in là, una gigantesca M, incisa nel nero della montagna a mostrare le ossa biancheggianti del Toc, spellato vivo dalla frana. Abbiamo guardato l’orologio: era praticamente la stessa ora di quel 9 ottobre. Quando uno li vede con i propri occhi, certi luoghi della storia fanno lo stesso effetto di un pugno nello stomaco.

Historians of the world, unite!

How should historians speak truth to power – and why does it matter? Why is five hundred years better than five months or five years as a planning horizon? And why is history – especially long-term history – so essential to understanding the multiple pasts which gave rise to our conflicted present?

Così si apre l’ultima versione di The History Manifesto di Jo Guldi e David Armitage. Uscito un paio di anni or sono in versione open access, questo pamphlet ha acceso un dibattito sugli studi storici che è uscito dalle ristrette mura degli addetti ai lavori, incentrandosi sui contenuti della indagine storiografica ma soprattutto sulla necessità di un ritorno a studi basati su visioni di più lunga durata in luogo della Short Past history che, sostengono gli autori, si è affermata a partire dagli anni ’70 in poi, togliendo allo storico quello dovrebbe essere uno degli obiettivi principali del suo lavoro, ovvero: “looking at the past to shape the future”.

Proprio a questi temi abbiamo dedicato parte della lezione introduttiva del corso di European Contemporary History, citando, tra gli altri Augusto Placanica e il suo scetticismo circa il fatto che la storia possa effettivamente considerarsi magistra vitae. Cito perciò questo lavoro per gli studenti che fossero interessati ad approfondire le posizioni di Guldi e Armitage. Il link per scaricare (gratuitamente) il libro, in versione pdf, è questo.

Su questo tema è intervenuto in chiave critica, sull’ultimo numero della rivista della Sissco Il mestiere dello storico, Tommaso Detti.  I suoi interessanti spunti di riflessione, che consiglio agli studenti per farsi un’dea sul dibattito, li trovate qui.

Ibid

L’idea erronea che Ibid sia l’autore delle Vite dei Poeti è tanto frequente, perfino tra coloro che si vantano di possedere un certo livello culturale, che val la pena di correggerla. Dovrebbe essere un fatto risaputo, ormai, che fu Cfr. il responsabile di quell’opera. Il capolavoro di Ibid è invece il famoso Op. Cit. nel quale sistematizzò in modo definitivo tutte le correnti minori più significative della poesia greco-romana: e con ammirevole acume, se si considera l’epoca sorprendentemente tarda in cui Ibid scrisse.

Così, nel 1928, H.P. Lovecraft, maestro della letteratura gotica del ‘900, su certe fuorvianti interpretazioni di acronimi ed abbreviazioni di uso comune, specialmente nelle tesi di laurea. Perdonate lo sfogo ma il fatto è che sempre più spesso, purtroppo, proprio molte tesi provocano, al pari dei racconti del buon HPL, brividi freddi durante la lettura.

In tempi passati, prima che i tasti Crtl+C e Ctrl+V fossero inventati, il laureando usava leggere preventivamente un libretto intitolato Come si fa una tesi di laurea di Umberto Eco. Adesso, col moltiplicarsi del materiale informatico, è curioso come, in mezzo a tanto copiare ed incollare, a pochi venga in mente di fare preventivamente una ricerca con queste stesse parole chiave. Eppure di materiale ce n’è molto e utile assai. Il consiglio spassionato, per evitare di prendere fischi per fiaschi (o se volete Ibid per Ivi), è di andarselo a vedere.